Quest’anno la COP29, si è conclusa, secondo diversi osservatori, con molte polemiche circa i pochi risultati concreti raggiunti in termini economici e di sostegno ai paesi più vulnerabili, tuttavia è necessario aprire una riflessione su ciò che è stato approvato: gli articoli 6.4 e 6.2 dell’Accordo di Parigi.
Dopo 10 anni di negoziati le parti hanno deciso come strutturare il mercato internazionale dei crediti di carbonio, definendo le basi per una maggiore trasparenza e coerenza nelle pratiche di emissione e compensazione.
L’articolo 6.4 stabilisce una regolamentazione per l’emissione e il commercio di crediti di carbonio che potranno essere acquistati da aziende e paesi ai fini della compensazione. L’accordo prevede la creazione di un organismo di supervisione (Supervisory Body), una vera e propria autorità regolatrice sotto l’egida delle Nazioni Unite, che sarà responsabile di monitorare il mercato e definire le metodologie per il calcolo delle emissioni e la creazione dei crediti.
L’articolo 6.2 riguarda, invece, gli scambi bilaterali di crediti tra nazioni. In questo articolo si istituiscono gli ITMO (Internationally Transferred Mitigation Outcomes) che sono i progetti di riduzione o rimozione delle emissioni di gas a effetto serra trasferiti tra paesi come meccanismo di cooperazione, ci sarà poi un registro unico in cui questi progetti verranno elencati.
L’approvazione di questi articoli, in particolare del 6.4, hanno posto le basi per un futuro mercato dei crediti di carbonio efficace e ben regolato. Tuttavia, molto rimane ancora da fare: la definizione di standard internazionali, la supervisione accurata delle transazioni e la creazione di metodologie per il calcolo delle emissioni sono solo alcuni degli aspetti cruciali che dovranno essere sviluppati nei prossimi anni.
Alla luce di queste novità a livello internazionale, per noi europei appare necessario interrogarsi su come l’Unione intenderà integrare il mercato dei crediti di carbonio generati nel nostro territorio con il mercato internazionale che si andrà costruendo sotto l’ombrello dell’ONU.
E’ proprio durante la COP29, che il Consiglio Europeo ha approvato definitivamente il proprio regolamento sugli assorbimenti di carbonio (Regolamento CRCF) istituendo un quadro di certificazione che definisce le specifiche attività che possono generare crediti di carbonio: gli assorbimenti permanenti di carbonio; la coltivazione del carbonio e lo stoccaggio del carbonio nei prodotti.
Questi ambiti sono gli unici ritenuti idonei al raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica entro il 2050, come sancito dalla Legge UE sul Clima.
All’interno del Regolamento sono inoltre specificati i criteri, definiti di alta qualità, a cui i crediti devono rispondere per poter essere considerati ammissibili alla certificazione.
Attualmente, dunque, le aziende europee che vorranno compensare le proprie emissioni residue con crediti di alta qualità dovranno farlo con quelli in linea con il quadro europeo, in attesa di capire come verranno sviluppati gli Articoli 6.4 e 6.2 approvati a Baku e se verrà prevista una qualche forma di integrazione con Regolamento UE CRCF.